ROMANO' DROM (CAROVANA ROMANI')
con Santino Spinelli
domenica 20 febbraio, h 20.30
Agriturismo Ai Colonos, Villacaccia di Lestizza
www.colonos.it
SALA MADRASSI – via Gemona – Udine
sabato 21 marzo ore 20,45
Concerto di “Gorni Kramer Quartet”
ospiti: Peter Soave e Martina Feri
ingresso libero
Dedicare a Gorni Kramer il nome del gruppo è operazione lodevole, meritoria e senz’altro dovuta al grande musicista e fisarmonicista scomparso nel 1995. I musicisti del quartetto sono una garanzia di super qualità: Sebastiano Zorza-fisarmonica, Marko Feri-chitarra, Aleksandar Paunović-basso e Giorgio Fritsch-batteria. Il repertorio spazia da brani dell’età d’oro del swing, sia europeo (italiano, francese) che americano, a balads jazz, tango argentino e musiche degli anni ’50-’60, con atmosfere di “valse musette” e “gypsy jazz”.
Il concerto è dedicato all’ultima fatica discografica dei quattro e cioè al CD
MODULANTE (2008 - Falcon Music CD280399 “Notes Vagabondes-Live” 2005 - Sinfonica AMV 04)
Ma per presentare il concerto, e di conseguenza il disco, ci affidiamo alle righe di alcuni grandi musicisti e critici:
Ci sono musiche che sono la memoria di un’epoca in senso sostanziale, capaci di far cogliere un clima, un complesso di sensazioni con maggior forza, chiarezza e immediatezza di qualsiasi dotto saggio. (…) La presenza, come ospiti, della cantante Martina Feri e del noto fisarmonicista Peter Soave impreziosiscono ulteriormente un’opera musicale ricca di affetto e attenzione per un mondo scomparso capace di ricordarci che c’e stata un’epoca non lontana in cui divertimento e qualità, inventiva e intrattenimento, stile, sentimento ed educazione – basti citare quattro pezzi di Bruno Martino - infine, come collante del costume sociale, si davano la mano e la cosiddetta musica leggera era interpretata da grandi professionisti, pieni di passione, serietà e consapevolezza artistica. (dal booklet del CD Modulante, Marco Maria Tosolini)
Il “Gorni Kramer Quartet” interpreta questo autore “barbaramente”, spogliandolo di pizzi e merletti: la musica che ne esce ha l’odore del carbone e non il profumo del pane appena sfornato, ha una dignità “altra”, diversa dall’originale …. e proprio per questi motivi, trovo che tale operazione sia la conferma dell’esistenza di magiche sintonie tra le varie culture…..
Non è un caso che questo progetto sia stato concepito in un’area transfrontaliera del Friuli Venezia-Giulia, crocevia di culture e persone forse inconsapevoli della propria ricchezza comunicativa. (dal booklet del CD Modulante, Valter Sivilotti)
“...un disco (Notes Vagabondes) che merita indubbiamente di essere conosciuto e divulgato, sia per la qualità degli interpreti, sia per la scelta del programma proposto. Gli ottimi esecutori, che compongono il “Gorni Kramer Quartet”...hanno il merito di farci compiere un affascinante viaggio – attraverso musiche “senza barriere”, al di la di stili e generi ben precisi – che dagli anni ’40 / ’50 giunge verso la fine del secolo scorso. (…) Il viaggio, nel tempo e nello spazio, propostoci dall’affiatato gruppo, ci porta poi in Francia, con un’altra parte abbastanza consistente del programma...interessante ed intrigante percorso musicale.” (dal sito www.accordion.com CD Review, Alessandro Mugnoz)
“Strumento sinfonico, ecumenico come pochi altri, la fisarmonica ha flirtato a lungo con una fama equivoca (resti di vino sul tavolo, suonatori ciechi all’angolo, la mala) e poi ne ha fatto ragione d’arte. Lo straordinario quartetto che rende omaggio nel nome ad uno dei suoi monumenti, e nato alla frontiera orientale d’Italia; miscela jazz e sensibilità balcaniche, fa grande musica. E non c’e piede che non prenda a battere, fianco femminile che non accenni a muoversi.” (La Regione Ticino, “The best of Youtube” di Erminio Ferrari)
“Un poker d’assi nel nome di Kramer...Modulante, una lezione di stile...fin dalle prime battute appare chiaro che stiamo parlando di un prodotto di classe, di esecuzioni impeccabili...nei credits troviamo uno la prestigiosa collaborazione di uno dei numero uno al mondo di bandoneon, fisarmonica e accordion: Peter Soave, musicista di origine italiana, nato e formatosi a Detroit, oggi il più accreditato esponente della cultura musicale ereditata dai grandi fisarmonicisti del passato...il quartetto ha saputo rileggere le composizioni del maestro Kramer con una chiave secca, senza fronzoli, molto nature...Un disco importante, questo del Gorni Kramer Quartet: molto più di un semplice omaggio o di un percorso della nostalgia.” (Messaggero Veneto)
ANGOLO DELLA MUSICA
Il gruppo vocale ANSIBS nasce nel 1995 ad opera di un gruppo di coristi che decidono di mettere in discussione la figura tradizionale del “corista” per accettare la sfida di diventare “interprete”. Di qui la ricerca di arrangiamenti scritti espressamente per voci soliste, che porta il gruppo ad affrontare in questi anni un repertorio molto vasto ed eterogeneo, che spazia dalla polifonia vocale alla musica classica strumentale, dalla musica tradizionale alla musica leggera e jazz, non cercando una specializzazione in un genere specifico, bensì sempre affrontando nuove tipologie musicali con spirito di ricerca e di superamento dei propri limiti: a dimostrare che la voce umana é il più duttile e il più completo degli strumenti musicali. Nel corso degli anni il gruppo ha alternato allo studio un’ intensa attività concertistica - anche al fianco di vari “ensemble” strumentali - esibendosi in teatri e auditorium in Italia e all’estero (Slovenia, Spagna, Croazia, Germania) ed ha partecipato - ottenendo lusinghieri consensi - al 1° concorso internazionale “Le nuove frontiere della polifonia vocale” a Varese, al concorso internazionale “Musicworld” di Fivizzano (MS) ed al concorso internazionale “C.A. Seghizzi” di Gorizia dove ha ottenuto il “Premio del pubblico” nella categoria musica leggera e jazz. Ricordiamo inoltre la partecipazione alla 5° edizione del “Intenational Choir Festival” dell’Alta Pusteria, per proseguire con l'ottimo risultato ottenuto alla X edizione di Corovivo dove il gruppo ha meritato la fascia d'eccellenza (assegnatagli dalla giuria internazionale per l'esecuzione di un programma su musiche di autori contemporanei), la partecipazione alla prima esecuzione assoluta del monodramma "La variante di Luneburg" (tratto dall'omonimo romanzo di Paolo Maurensig) che ha debuttato nella versione teatrale a Gorizia con Milva nel ruolo principale, la recente partecipazione al Concorso Internazionale TIM 2008 e infine il debutto teatrale con lo spettacolo "A come . . ." da un'idea del Gruppo Vocale Ansibs e per la regia di Luisa Vermiglio
IL PROGETTO «UOMINI E COSE»
Il tema della ricerca e dell'esposizione
Nel Dicembre del 1932, Ugo Pellis inizia un lungo viaggio di ricerca attraverso la Sardegna, che lo porta, nel volgere quasi ininterrotto di tre anni, a indagare sistematicamente la struttura e le peculiarità della lingua sarda, per la stesura del celebre Atlante Linguistico Italiano. Nel corso del suo lavoro «nobilissimo ma gravissimo», in parte insieme alla moglie Nelda, il filologo friulano visita 143 località dell’isola, percorrendo a piedi, sul dorso di muli e sulle traballanti ruote d’una Balilla donata dal Duce, migliaia e migliaia di chilometri, col suo carico di album d’illustrazioni, di questionari filologici, di taccuini da campo e di carte geografiche, che lo fanno spesso apparire agli occhi della gente un personaggio misterioso e buffo. Nel suo bagaglio anche un corredo di lastre fotografiche (poi di pellicole) utilizzate per ritrarre la realtà che circonda il suo universo di parole: uomini e cose che, nell’immaginario dello studioso educato a Vienna e a Innsbruck si configurano all’inizio, come una sorta campionario di archetipi della «mediterraneità».
Durante i tre anni di lavoro, un po’ alla volta, il contatto umano e la quotidiana indagine linguistica gli permettono di capire la cultura sarda, sempre più dall’interno. Le sue fotografie fanno così il paio con i meticolosi questionari linguistici che egli impartisce alle centinaia di suoi informatori: ne scaturisce un ritratto di enormi proporzioni documentarie in cui immagini di un nitore talvolta inerme, e apparentemente prive di intenti decorativi, riproducono il contesto lessematico e l’articolazione interna del sistema/cultura ricalcandolo idealmente sul sistema/lingua che emerge dal lavoro di ricerca sul campo, attraverso il quale compone il suo Atlante.
Nella sua fotografia di «uomini e cose» c’è però molte volte qualcosa di più di un ritratto: c’è innanzi tutto il gusto di mettere in rapporto fra loro i volumi e le forme; in un gioco che ha spesso come obiettivo l’individuazione di un elemento centrale attorno al quale far «implodere» la composizione. Ciò è evidente nelle foto che ritraggono oggetti alla stregua di nature morte, ma si ritrova, con una struttura soltanto un po’ più elaborata, sia nei ritratti di persone che troneggiano, come re umili, al centro di scene domestiche e agresti, sia nelle figure poste a ridosso di quinte geometriche che sembrano fatte quasi a posta per rivelare gli elementi della personalità nascosta nelle posture e nelle movenze appena accennate. C’è, in secondo luogo, il tentativo di restituire le sensazioni prodotte dai paesaggi, come nella bellissima serie di fotografie scattate a Escalaplano a metà giugno del 1934 al momento del raccolto, o come nell’ampia sezione del reportage dedicata a Bonorva, in cui Pellis intende, in primo luogo, suggerire l’idea di un luogo aperto per ogni dove, con le strade inondate di una luce che trapassa gli individui ed è -a mala pena- trattenuta dalle case. C’è in terzo luogo una ricerca frequente di inquadrature capaci di rivelare come le piccole cose rimandino alle grandi, in un gioco sorprendente di miniaturizzazioni culturali, cui non è estraneo nemmeno il gioco di ritrarre i bambini vestiti da adulti come accade per i ragazzini in costume maureddino di Teulada, per il bambino di Bonorva vestito da frate in ossequio a un voto o, in modo raffinato, nella bellissima foto della bambina di Tonara alle spalle della quale si specchia una donna di spalle che cammina in direzione opposta, lungo una strada che viene istintivamente da pensare sia quella della vita. Sono assonanze e giochi che inevitabilmente interrogano il lettore dell’opera sullo spessore della ricerca visiva di Pellis e sul suo frequente manifestare un mondo della poesia e dell’arte che non solo egli conosce per le buone letture dei suoi studi classici, ma pratica come poeta e narratore in lingua friulana. Per Pellis la Sardegna è «la terra sacra per la tenace conservazione delle impronte di Roma»: il luogo dove si conservano ancora vive le tradizioni di una mediterraneità altrove già inevitabilmente compromessa dall’avanzare del mondo moderno. La Sardegna è dunque anche per lui, come per un’ininterrotta serie di viaggiatori stranieri che visitano l’isola negli anni Venti e negli anni Trenta, un universo esotico in cui non dimorano però i selvaggi o i «primitivi», ma i discendenti inconsapevoli della romanità e di epoche ancora più remote che hanno continuato per secoli ad ardere sotto uno strato di cenere che si assottiglia man mano che dalle coste ci si muove verso l’interno di quelle Barbàgie a lui così care. Ecco che allora possiamo spiegarci l’insistenza dei ritratti di donne che filano, come Moire, dai volti incorniciati da fazzoletti e ornamenti che evocano tempi antichi. Viene da pensare che sia la metafora di un passato remoto che emerge a malapena dall’inchiesta del linguista che tocca con mano le cose semplici dietro alle quali vi è la profondità della storia. Nella fotografia di Pellis c’è poi la compassione per il mondo degli umili «che -come scrive in una sua bella pagina- con tutto il loro gergo furbesco non han trovato il modo d’ingannare la miseria, che li sospinge raminghi di piazza in piazza, di strada in strada, di stalla in stalla per un tozzo di pane». Si tratta però di un sentimento che non assume mai né i toni del paternalismo borghese di fine Ottocento, né quelli della denuncia sociale cui Pellis, autentico figlio del popolo, è estraneo per ideologia e per indole. La sua compassione è compresenza e si traduce nel tentativo di restituirci in modo disincantato le cose come stanno, senza nulla togliere e senza nulla aggiungere, con una posizione da osservatore partecipante ante litteram. Per lui le «magre condizioni della popolazione agricola» di Gàiro, di Tortolì e di tanti altri paesi, la «vita primitiva» ancora contraddistinta dallo scambio di merci di Perdasdefogu, la miseria, le architetture malsane e la malaria che fanno qua e là capolino sono dati di fatto con i quali lottare, rimboccandosi le maniche, senza aspettare l’aiuto di nessuno. Il «progresso» è giudicato negativamente se stravolge le regole della vita comunitaria e la solidarietà sociale, non se introduce cambiamenti che migliorano le condizioni di vita della gente. La sua è una visione sofferta, ma ottimista, che ha poco di «politico». Non denuncia, ma testimonia a prescindere dal giudizio sulle cose. Le sue fotografie, in tal senso, non tolgono e non aggiungono nulla; non contengono manipolazioni visive, né cercano di restituire realtà artate. Vi troviamo la fatica, la povertà e la sofferenza, così come il gioco, l’abbondanza e il richiamo a un orgoglioso passato. Nelle sue inquadrature, il «moderno» non è occultato, né magnificato e, in qualche modo, il senso di tale equilibrio costituisce il valore aggiunto di un ritratto fotografico che, nel suo insieme, ci mostra molti segni di una realtà sociale e culturale in profonda trasformazione. Ciò non significa però che il suo obiettivo si astenga dal mettere a fuoco, quando può, l’antico che rimane asserragliato nelle sopravvivenze e il moderno che inesorabilmente avanza. La fotografia di Pellis è, in questo, capace di produrre quel contrasto, che è solo nelle corde poetiche e narrative dei grandi fotografi che, pur ritraendo una realtà sotto gli occhi di tutti, sono capaci di evidenziare gli elementi che se distaccano in modo significativo. Semmai vi è nella fotografia di Pellis un interesse consapevolmente profondo, che egli forse pudicamente nasconde, lo si deve rintracciare proprio nel suo gusto di ritrarre, laddove esiste ancora, il «bello» di un mondo popolare che, come scrive in diverse sue pagine, egli sente talvolta dolorosamente prossimo al tramonto. Laddove questo accade la sua composizione promana all’istante una più alta armonia, effetto di semplice compostezza di forme e di scabra assenza di simboli. Si manifesta allora un’ineffabile capacità di prendere per mano lo sguardo e di farlo addentrare nell’immagine che declina, in un originale modello stilistico, la visione culturale di Pellis e la sua irriducibile volontà analitica. Quando questo accade la fotografia trascende il documento e, senza indugi, è arte.
Venerdì 20 Febbraio, alle ore 18.00 sarà presentato nella Sala Ajace del Palazzo Municipale di Udine il catalogo dell'esposizione temporanea «Uomini e cose. Ugo Pellis. Fotografie. Sardegna 1932-1935», che ha inaugurato il 23 Gennaio la nuova Galleria fotografica comunale «Tina Modotti» di Udine nella centralissima sede dell'ex Pescheria.
Giovedì 19 febbraio, alle ore 20.45, il Visionario ospita una serata speciale dedicata a un vero mito della musica: la sacerdotessa del rock Patti Smith. In contemporanea all’arrivo in Italia dell’artista, il Centro Espressioni Cinematografiche in collaborazione con La Feltrinelli propone la proiezione di “PATTI SMITH: DREAM OF LIFE”: lo straordinario docu-film firmato da Steven Sebring.
I titolari della Carta Più Feltrinelli hanno uno sconto speciale per la serata: biglietto d’ingresso a soli € 5,50.
Presentato l’anno scorso alla Berlinale e al Sundance Festival “Patti Smith: Dream of Life” arriva finalmente sugli schermi italiani (contemporaneamente all’uscita in dvd edita da Feltrinelli), in poche selezionate sale cinematografiche - solo 8 - tra cui il Visionario di Udine.
Steven Sebring propone un documentario dal montaggio teso, emozionato: immagini e musica calamitano lo sguardo. Non un film su Patti Smith, ma un film di Patti Smith, di cui protagonista e colonna sonora è la sua voce, che parla e canta, legge, elenca (la proiezione è in lingua originale con sottotitoli italiani).
Nel 1995 questo giovane fotografo di moda viene mandato a fotografare Patti Smith. Folgorato dal magnetismo della cantante, che non aveva mai incontrato prima, Steven Sebring ne diviene l’ombra. Per dodici anni la filma nel suo dream of life, nel suo essere artista completa, sul palco e nei backstage dei tour, nell’intimità del lavoro quotidiano, con i suoi compagni di viaggio Allen Ginsberg, William Burroughs, Sam Shepard, Bob Dylan. Dodici anni di immagini, di concerti, di parole, di vita pubblica e privata. Vediamo la vita della poetessa maudite, della musicista e della madre attentissima, travolta dai lutti ma costante nella ricerca
Anche chi non abbia mai sentito neppure una nota di Patti Smith, chi non conosca il suo spigoloso e sensuale corpo, il suo sguardo assorbente, le sue magnetica movenze, la sua voce assertiva, entrerà fin dalla prima scena in un mondo artistico unico. Chi ha visto invece i suoi concerti, chi l’ha seguita avrà per la prima volta la visione completa di un’artista per cui la musica, la canzone non sono stati che uno dei tanti piani di espressione.
Quando dico rock’n’roll non voglio dire un gruppo che suona canzoni, dico di un’intera comunità che passa per il suono, il ritmo e lo scambio di energia. Una sorta di sentire comune. Il senso di essere insieme in qualcosa di unico. Non è una “merdata hippie”. Non mi interessa un mondo dove tutti cantino la la la la, ma credo che esista un futuro là dove tutti cominceremo a comunicare.
Patti Smith
di Steven Sebring
Usa 2007, 109’
documentario - vers. orig. con sottotili it.
VISIONARIO
giovedì 19 febbraio, ore 20.45
venerdì 20 febbraio – h 21.30 MICHELE POLETTO dj-set
sabato 21 febbraio – h 22.00 MICHELE POLETTO dj-set
MERCOLEDÌ 18 FEBBRAIO
Balkanight SUPER 8 STORIES, ore 20.45
GIOVEDÌ 19 FEBBRAIO
VENERDÌ 20 FEBBRAIO
SABATO 21 E DOMENICA 22 FEBBRAIO
www.cinemateatrosociale.it
Mercoledì 18 febbraio il Visionario propone un viaggio nel cuore delle regioni balcaniche, per una serata speciale dedicata ai peculiari percorsi musicali dei paesi dell’ex-Jugoslavia.
“BALKANIGHT” è un evento organizzato dal Centro Espressioni Cinematografiche in collaborazione con il Bar Visionario.
La serata inizia con la proiezione, alle ore 20.45, di un road documentary musicale firmato da Emir Kusturica, l’esuberante “SUPER 8 STORIES”, per immergersi poi totalmente nella musica (a partire dalle ore 22.30) con il dj set dei SHAZALAKAZOO, direttamente da Belgrado!
In “Super 8 Stories” Emir Kusturica riprende il tour musicale della No Smoking Band : un vero fenomeno che verso la fine degli anni ‘80 ha cambiato la scena musicale di Sarajevo e dell’intera Yugoslavia, un gruppo con cui, in anni ormai lontani, egli stesso aveva avuto occasione di suonare, prima di fare cinema.
Il film ci porta in viaggio con gli undici No smokers, passati attraverso vent’anni di follia, massacri e sradicamenti, on the road fra Belgrado, Francia ed Italia. Tutti i tipi di stili differenti della musica balcanica hanno lasciato la loro traccia nel repertorio del gruppo: è un mix esplosivo di jazz e gipsy music, dove riescono a coesistere le trombe del sud della Serbia e il suono melanconico di influenza asiatica. Ritratti e interviste ai singoli componenti, insieme a immagini che ritraggono Emir Kusturica e la sua famiglia, nei vecchi Super 8 appunto, arricchiscono ulteriormente il film - che nel 2001 ottenne il tutto esaurito alle proiezioni della Berlinale - , restituendo il senso di un'esperienza davvero unica.
Gli studenti universitari di Udine hanno accesso alla proiezione con un biglietto di soli euro 2,00 (previa presentazione della smart card).
Dopo la proiezione, alle ore 22.30, l’evento si sposta al Bar Visionario per ascoltare il folk breakbeat - drum&bass di Milan Djuric e di Uros Petkovic. Gli SHAZALAKAZOO, che arrivano direttamente da Belgrado, fanno una tappa del loro tour europeo a Udine: una vera festa balcanica il live set proposto dal duo di dj e remixers serbi. Un’originale miscela di breaks elettronici, ritmi in levare degli ottoni e dei tamburelli delle fanfare gipsy. Un’imperdibile appuntamento per capire e ascoltare, tra tradizione e contaminazione, quali sono le frontiere nel nuovo millennio della balkan music… e per ballare!
BALKANIGHT
VISIONARIO
mercoledì 18 febbraio
SUPER 8 STORIES
di Emir Kusturica
Ger-Ita 2001, 90’
con Emir Kusturica, Nenad Jankovic, Dejan Sparavolo, Goran Markovski
ore 20.45
SHAZALAKAZOO
Milan Djuric e Uros Petkovic (folk breakbeat drum&bass)
www.myspace.com/shazalakazoo
ore 22.30
comunicato stampa da:
Ufficio stampa CEC/Centro Espressioni Cinematografiche/Federica Manaigo/Via Villalta 24 – 33100 Udine – tel. 0432/299545 fax 0432/229815 - ufficiostampa@cecudine.org - www.cecudine.org
GIOVEDI' 19 FEBBRAIO 2009 - ore 18.00
c/o Circolo Arci Mis(s)Kappa, via Bertaldia 38, Udine
VIAGGIO NELLE DIFFICILI DEMOCRAZIE AFRICANE
interviene