domenica 1 febbraio 2009

CERCIVENTO Uno spettacolo di e con RICCARDO MARANZANA e MASSIMO SOMAGLINO

CERCIVENTO

Uno spettacolo di e con

RICCARDO MARANZANA e MASSIMO SOMAGLINO

dal testo “Prima che sia giorno” di

CARLO TOLAZZI

assistente alla regia Serena Di Blasio

luci e fonica Claudio Parrino.

Produzione TEATRO CLUB UDINE

La storia:

CERCIVENTO è uno spettacolo che racconta una storia vera.

CERCIVENTO è il nome di un piccolo paese del Friuli, all’estremo confine nord orientale.

È il primo di luglio del 1916. Mattino presto, all’ alba.

Quattro uomini, con le mani legate, vengono condotti da un reparto di carabinieri armati presso il cimitero del paese. Lì sono fatti sedere su quattro sedie, bendati, e immediatamente fucilati.

Si chiamavano Angelo Massaro, Basilio Matiz, Giovanni Battista Coradazzi e Silvio Ortis.

Solo poche ore prima erano davanti ad una Corte Marziale che contestava loro il reato di «rivolta in presenza del nemico», secondo quanto disposto dall’art. 114 del Codice Penale Militare, accusandoli di essere gli “agenti principali” di tale rivolta.

In sostanza, tutta la 109^ compagnia del Battaglione “Monte Arvenis”, operante nella zona di Monte Croce Carnico, di cui i quattro facevano parte, si rifiutò, la sera del 23 giugno 1916, di intraprendere un’azione ordinata e predisposta dal capitano comandante per conquistare la cima est della Creta di Collinetta (Monte Cellon), un bastione roccioso molto importante per il controllo strategico del valico confinario.

Molti degli alpini, indigeni e perciò espertissimi di quelle montagne, avevano giudicato praticamente suicida l’azione proposta dall’ufficiale e avevano a loro volta suggerito delle alternative di percorso e di metodo, scatenando in tal modo la reazione del comandante che portò tutti gli ottanta alpini del battaglione davanti alla Corte Marziale. Istruttoria e processo occuparono lo spazio di un paio di giorni appena. L’assise decretò la pena di morte per quatto di loro e decine di anni di reclusione per molti altri.

Solo due ore dopo la sentenza, avvenne la fucilazione, seppur in circostanze drammatiche, essendo stato impedito alla popolazione di Cercivento e ai parenti di accedere al luogo stabilito per l’esecuzione e di seppellire i propri cari. Gli alpini infatti erano friulani: abitavano a Maniago, Timau, Forni di Sopra, Paluzza, piccoli paesi a pochi chilometri dalla linea del fronte.

Un processo equo e una condanna esemplare secondo lo stato maggiore dell’esercito, una sentenza sbagliata e un assassinio incomprensibile secondo la popolazione civile, che nulla ha potuto fare per salvare la vita ai quattro disgraziati.

Disonore e tradimento: per i militari è una brutta storia da dimenticare il prima possibile.

Per i parenti delle vittime è invece una storia atroce e inumana che va ricordata e tramandata il più a lungo possibile.

Oggi, i nomi dei quattro soldati non compaiono su nessun elenco di caduti e in nessun sacrario, così come disposto dall’autorità militare per coloro che si macchiavano del crimine di cui i nostri alpini furono imputati.

Per questo a Cercivento è sorto, proprio sul luogo della decimazione, un cippo che ricorda nomi e circostanze, realizzato dai cittadini e dai parenti delle vittime che, grazie al recupero fortuito di alcune carte processuali per opera di alcuni ricercatori, ha messo in moto un vero e proprio movimento per ottenere la riabilitazione dell’onorabilità dei loro quattro lontani congiunti.

La battaglia burocratica per la riabilitazione non ha finora portato a risultati tangibili, complice un assurdo articolo del Codice di Procedura Penale (il 683) che dispone come l’istanza di riabilitazione, per essere presa in considerazione, deve essere proposta dall’interessato stesso.

CERCIVENTO è la storia di noi stessi di fronte alla paura più grande.

Angelo e Basilio, due soldati, carne da macello, sospesi nell’attesa del proprio destino, rinchiusi nella sagrestia di una chiesa, tristemente riconvertita in prigione. Un dramma a porte chiuse in un’unità serrata di luogo-tempo-azione.

E’ un intrecciarsi di sentimenti – rabbia, paura, disperazione ma anche speranza, ricordi, amicizia.

E sogni. Sogni, sì, perché CERCIVENTO è anche un inno alla vita, una riflessione sull’ individuo e sulla sua unicità.

CERCIVENTO parla anche di confini.

Confini geografici, gli stessi dove noi, oggi, turisti spensierati, ci rilassiamo con lunghe passeggiate, che costarono la vita a migliaia di uomini che furono massacrati per ogni metro di terra conquistato.

Parla di confini culturali. Dove per pregiudizio e ignoranza intere famiglie di civili inermi furono cacciate dai propri paesi perché “anti-italiane”, senza riflettere che per chi viveva e lavorava in quelle terre, il confine era un concetto ben diverso da una semplice linea tracciata su una mappa, o da una sbarra che limita l’accesso ad un territorio.

CERCIVENTO parla di stranieri, di nemici, che prima della guerra erano i tuoi amici, i tuoi colleghi di lavoro, in qualche caso i tuoi parenti, e che adesso sono “il feroce invasore, lo spietato assassino austro-ungarico”.

CERCIVENTO affronta in maniera diretta e spregiudicata il problema della giustizia militare, che quasi mai è giustizia, poiché non cerca di fare chiarezza, ma mira sostanzialmente a proteggere e a preservare la struttura stessa dell’esercito e i suoi regolamenti che -allora come oggi- continuano a metterci uno contro l’altro nel tentativo grottesco di costruire la pace.

CERCIVENTO vuole dare un contributo alla divulgazione di una evento così emblematico: raccontare una storia particolare che, pur fortemente legata alle vicende della storia friulana, contiene temi e metafore che riguardano tutti.

Lo spettacolo:

L’allestimento di CERCIVENTO è il risultato di un lungo lavoro, realizzato in più tappe, sperimentando più strade, tesaurizzando le esperienze fatte con il pubblico invitato ai primi esperimenti e, soprattutto, condividendo questo percorso con un drammaturgo disponibile a provare con gli attori.

Alla fine di questo percorso sono rimaste due persone, dentro un cerchio “magico”, circondati dal pubblico. Un lavoro semplice, dove gli attori, con il corpo e la parola, sono i veri protagonisti, perché restano in continua esplorazione, in continuo movimento, in continua lotta.


Teatro MOMO 3-4-5-6-7 febbraio

Via Dante, 81 (angolo via Sernaglia) MESTRE
Telefono 041-9 88 22 4
(Lun-Ven 9.00-13.00)
www.teatromomo.info
teatromomcomune.venezia.it

Teatro Stabile Friuli Venezia Giulia - Politeama ROSSETTI 11-12-13-14-15 febbraio

Viale XX Settembre, 45 a Trieste
Telefono 040-359 35 11
(Mart-Sab 8.30-12.30 - Lunedì 15.30-19.00)
www.ilrossetti.it

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Teatro Club Udine (produzione)

via Marco Volpe, 13 Udine-

tel/fax 0432-507953 (ogni giorno, escluso il sabato, dalle ore 9.00 alle ore 13.00) 348-7502529 (ogni giorno, escluso il sabato, dalle ore 15.00 alle ore 18.00)

-mail: info°teatroclub.it

www.teatroclubudine.it


RASSEGNA STAMPA

“Un lumino nelle mani, una gamella da soldato, una lenta camminata, due pezzi di pane e un sorso di vino, quasi un viatico, una straziante comunione, un’ultima cena per un viaggio senza ritorno. Comincia così, in un silenzio carico di tensione, (…), Cercivento, (….) che ha debuttato con grandissimo successo l’altra sera a Mittelfest (…). E’ uno spazio metaforico, delimitato da piccoli oggetti –candele, portaritratti, statuette votive della madonna, santini, scarpets e scarponi, fotografie, lettere, libriccini di preghiere, borracce e bottiglie: povero riassunto di una vita e dei suoi affetti. All’interno il carnico Basilio e il maniaghese Angelo rivivono nella loro ultima disperata notte l’episodio che li ha condannati. (…) i due si raccontano e si mostrano in tutta la fragilità di due esistenze destinate a essere cancellate dall’insensatezza e dall’ottusità della guerra (….) Semplicemente bravissimi i due interpreti cui è andato l’applauso commosso e lunghissimo del pubblico. (…) questa sera (…) una replica straordinaria, a grande richiesta, dello spettacolo”.

Mario Brandolin (da “Messaggero Veneto”, 23 luglio 2003)

“ (…) Intensissima la loro prova negli ottantotto minuti di dialogo serrato e ininterrotto (…) La scenografia è nuda, semplicissima, ma l’allestimento è molto coinvolgente per il pubblico (…) e nel finale riesce a commuovere davvero, toccando le corde più intime e profonde. Nel testo le lingue si intrecciano armoniosamente, diventando materia viva, essenziale alla riuscita della pièce: l’italiano “venetizzato”, il veneto friulano “italianizzato”, la parlata delle vallate carniche. Insomma un lavoro (…) che si candida a essere lo spettacolo-rivelazione del Mittelfest (…)”

Alberto Rochira (da “Il Piccolo”, 23 luglio 2003)

“(…) Come reagiscono gli uomini davanti a una morte annunciata? Come Basilio, remissivo ma con il terrore dipinto in faccia, preoccupato per la famiglia, fidente nella grazia regia e nella preghiera? O come Angelo, che esprime una rabbia insolente e ribelle per quella che ritiene una ingiustizia? (…) Se il lavoro di Tolazzi (…) e dei due superbi interpreti –a cui il pubblico ha tributato convintissimi applausi- ha un senso, è proprio questo: condanna delle ingiustizie in un mondo di pace”.

Nico Nanni (da “Il Gazzettino” ed. friulana, 23 luglio 2003)

“Debutto trionfale per la prosa al Mittelfest con il bellissimo e coinvolgente Cercivento. (…) Maranzana e Somaglino, con straordinaria capacità interpretativa, riescono a trascinare il pubblico all’interno di quella cella colma di paure e disperazione, facendolo diventare quasi il coprotagonista inconsapevole di quei tragici fatti realmente accaduti”.

Stefano Zucchini (da www.connesso.it, 23 luglio 2003)

“(…) Paradossalmente, fra gli appuntamenti che hanno fatto registrare il maggior successo di pubblico, (…) quel Cercivento di Carlo Tolazzi (inserito nel programma degli itinerari collaterali del festival, ha poi richiesto addirittura una terza replica) (…). Si vede che, quando c’è sostanza e qualità, il pubblico accetta gli spettacoli anche se non sono comici”.

Nico Nanni (da “Il Gazzettino” ed. nazionale, 25 luglio 2003)

“E’ struggente l’atto unico Cercivento presentato al Mittelfest di Cividale e che è riuscito a tenere con il fiato sospeso gli spettatori per tutta la durata della performance teatrale. (…) Sulla scena due nomi d’elezione del teatro friulano, Riccardo Maranzana e Massimo Somaglino, che hanno saputo far emergere in tutte le loro sfaccettature la completezza delle emozioni e delle tensioni dell’animo umano, alternando momenti di rabbia, di dolore e di amore estremo per la vita.

Valentina Cosuccia (da “La vita cattolica”, 26 luglio 2003)

“ (…) lo spettacolo forse più intenso e forte ospitato nell’ultima edizione del Mittelfest (…) il testo di Tolazzi (…) è capace di una leggerezza commovente, di una tenerezza intensa e umana, che tiene a bada la retorica e sfugge alle trappole del facile moralismo. A dare vita a quel pezzo di storia (…) ci sono le prove d’attore di Riccardo Maranzana e Massimo Somaglino (..), che attorno a quella vicenda soffrono davvero e sudano piangono e sperano, si scazzottano per trasformare il loro groviglio di lotta in un fraterno e indissolubile abbraccio”.

Paolo Patui (da “Il Gazzettino”, 31 luglio 2003)

“(…) Di quell’episodio per molti versi oscuro cancellato dalla memoria dei libri di storia ma non da quella orale della gente del posto e dei familiari, si occupa l’intenso, bellissimo atto unico Cercivento (…) Racconta l’ultima notte dei due condannati che come fantasmi elisabettiani inquieti, assetati di giustizia, ripetono in un cerchio rituale formato da oggetti d’uso quotidiano nella dura vita in trincea la loro storia e i loro sogni terminali: la macabra visione onirica della loro fucilazione contrapposta alla cronaca radiosa di una partitella di pallone giocata con i nemici di oggi, un tempo coetanei e amici senza frontiere.”

Nico Garrone (da “La Repubblica”, ed. nazionale, 2 settembre 2003)

“Sicuramente uno degli spettacoli più coinvolgenti e ‘intimistici’ del Mittelfest (..) La terza replica inaspettatamente segna un nuovo tutto esaurito (…) Gli occhi di noi tutti sono fissi sulle azioni e sulle parole dei due interpreti della vicenda. (…) Risalta la grande fisicità della pièce che prevede un costante interagire fisico tra i due protagonisti, quasi a voler rimarcare il significato di parole ed espressioni pronunciate troppo in fretta, soprattutto nei frangenti in cui lo scambio di battute si fa serrato, concitante”. Alessandro Romano (da www.ateatro.it, n. 57, 14 settembre 2003

(…) prezioso, commovente spettacolo di/con Riccardo Maranzana e Massimo Somaglino, bravissimi in scena. Un'intensità che si è sciolta al termine con ripetuti applausi, molti « bravi! » , il pubblico che restava lí ancora al termine, quasi nell'impossibilità di lasciare troppo bruscamente quello spazio, emozioni tanto forti… Ancora lì per capire, per assorbire e rielaborare insieme quanto si era assistito… Un grande cerchio (…) gli spettatori disposti intorno, (…) una vicinanza fisica ed emotiva complessa, gli attori nella necessità di comunicare costantemente a trecentosessanta gradi (…) un'infinità di stati d'animo (…) contrasti, toni che mutano, vicinanze fisiche che sono puntuale scavo psicologico ad alta condensazione scenica, rare essenze teatrali di naturalismo recitativo che coinvolgono intimamente lo spettatore. (…) un impegno interpretativo asciutto, rigoroso, raro da incontrare… sí: bravissimi!

Valeria Ottolenghi (da “La Gazzetta di Parma”, 30 gennaio 2006)

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