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Per la rassegna cinematografica
GERMANIA IN AUTUNNO
junger deutscher Film - il nuovo cinema tedesco
proposta dall'Associazione Culturale Tina Modotti in collaborazione con il Knulp
dedicata al cinema tedesco sviluppatosi sulla scia del manifesto di Oberhausen del 1962.
FERDINANDO IL DURO
di Alexander Kluge (1976)
edizione originale sottotitolata in italiano
Ferdinand Rieche è un funzionario di polizia maniaco dei sistemi di sicurezza. Personaggio scomodo per tutti, egli viene allontanato dal corpo in cui presta servizio quando alza la voce nei confronti di un superiore. Viene così assunto da una industria multinazionale con il compito di organizzare la protezione degli impianti di una località edesca e per un periodo di prova di sei mesi. Ferdinand, sicuro di sé, sicuro di un perenne stato di guerra (costituito da eventuali - ma per lui sicure - crisi, sabotaggi, scioperi elvaggi, spionaggi industriali, eccetera), assume nuovo personale alle proprie dipendenze, lo addestra con ferrea disciplina, lo mette alla prova, acquista sofisticate e preziose ttrezzature. Nonostante gli avvertimenti dei superiori che si allarmano per le ingenti spese (di certo superiori a una buona polizza assicurativa), egli prosegue nel suo cammino e giunge ad arrestare lo stesso direttore. Licenziato, il Rieche pensa che sia venuto il momento di dimostrare come i sistemi in atto per la protezione degli uomini di governo siano inadeguati. Organizza un attentato al primo ministro e, per un brusco spostamento dello stesso, gli sfracella la mascella. Immediatamente catturato, espone le sue tesi e si dimostra addolorato dall'involontaria conseguenza di un unico banale particolare non previsto.
Il regista offre un'opera originale, spassosa nelle scene e nei dialoghi, di impronta surreale, leggermente irrisoria in superficie, corrosiva a fondo, forse fin troppo 'efficiente' nell'enunciare e nel ripetere le sue critiche affermazioni. Kluge, infatti, in primo luogo ironizza proprio sull'amore per l'efficienza dei suoi connazionali, un amore che può condurre alla pignoleria, alla cieca accettazione dei regolamenti, alla sicurezza del 'previsto' o del 'pianificato' con la tragica incapacità di rimediare quando l'organizzazione diviene burocrazia eccessiva o quando succede l'imprevisto. Non è difficile, inoltre, tradurre tale critica in significato politico e pervenire alla condanna di metodologie fasciste imperialiste, militariste.
Martedì 2 dicembre - ore 20.45
Il Circolo del Jazz Thelonious in collaborazione con l'Associazione Culturale Tina Modotti ed il Knulp
nell'ambito della videorassegna
Jazz al Knulp
presenta
CHARLES LLOYD QUARTET
Jazzbaltica, Salzau, 2000
Charles Lloyd – sax, flauto
John Abercrombie – chitarra
Marc Johnson - contrabbasso
Billy Hart - batteria
Non è facile definire la musica di Charles Lloyd sassofonista sessantasettenne di Memphis che ha vissuto varie stagioni musicali, dal R&B con B.B. King alle collaborazioni con contemporanei del jazz quali Eric Dolphy ed Ornette Coleman, l'esperienza nella band del batterista Chico Hamilton, nel sestetto di Cannonball Adderley, per giungere alla metà degli anni '60 al gruppo a proprio nome che nel tempo ha annoverato jazzisti del calibro di Keith Jarrett e Jack Dejohnette, nonché Cecil Mcbee, fino alla pausa meditativa della fine della stessa decade ed al nuovo debutto con l'indimenticato Michel Petrucciani pianista che a Lloyd fu debitore del battesimo internazionale.
Ciò che resta certo è che, ascoltandola, nonostante gli scatti improvvisi, nonostante la mancanza di riferimenti precisi, nonostante la molteplicità dei linguaggi jazzistici di cui egli possiede il pieno controllo e che abbracciano le varie epoche che il jazz ha attraversato, da quella musica scaturisce un senso di pace, di appagamento, di completezza e di tranquillità. E questo conferma le stesse parole di Lloyd quando sostiene d'esser riuscito nella musica e con la musica a trovare una "casa", ossia una propria dimensione e quindi una propria tranquillità interiore.
tel. 320 0480460
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